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L'iperbole del viaggio in The Artful Escape

Parlare del mondo e parlare di sé sono la stessa cosa.

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Il viaggio di The Artful Escape

E rieccomi, dopo un colpevole silenzio. Ma non avevo molto da dire ultimamente e, in effetti, non giocavo nemmeno tantissimo. Tra i miei passatempi c'era The Artful Escape che mi mette alla prova da qualche mesetto, a dire il vero, e come saprete non sono un fan dei giochi dal gameplay ridotto all'osso. Il solo fatto che un gioco da 5-6 ore resti così tanto nella mia home senza essere completato è indicativo. Questo nuovo titolo di Annapurna Interactive non si è fatto notare come Twelve Minutes o il recentissimo Stray, anche se non credo che sia dovuto al suo appeal stilistico o narrativo; forse cercherei le cause più nella sua totale assenza di sfida o di meccaniche decise (È un platform? Un gioco musicale? Di tutto, ma un po', forse troppo poco) che mai sconfiffera troppo i giocatori. Giusto oggi mi sono imposto di finirlo, perché qualcosa di prezioso lo racconta e merita di essere ascoltato.



Lontano dalle orme dello zio


La storia di Francis Vendetti viene raccontata già dal menù principale, che ci accoglie in un paesaggio di alte sequoie e un festival musicale da preparare in paese. Su un albero è affissa la locandina della prossima esibizione del cantante folk locale, Francis appunto, nipote del ben più celebre Johnson Vendetti. Il nome dello zio (defunto) è scritto in grande e colui che ne deve raccogliere l'eredità è piccolo, scritto in un angolo e senza identità. Così si sente Francis, stanco di cantare "ballate sulle giornate dei minatori" ma terrorizzato dall'idea di deludere un paese che non ha superato il lutto del proprio beniamino strimpellante. Bastano pochi minuti per scoprire che Francis è, dentro, nel profondo, un fan del glam rock più esagerato, fatto di laser, capigliature vistose e synth spinti fino alle stelle. Per sua fortuna, viene contattato da qualcuno che viene da molto lontano, e intraprenderà un viaggio alla scoperta di sé (e del coraggio di liberarsi dal proprio passato) fino alle galassie più sgargianti e i musicisti più formidabili di tutte le dimensioni. Stavolta niente spoiler, voglio che ci giochiate.



Scolpire un'identità fra le stelle


Basta una rapida occhiata al trailer di The Artful Escape per comprendere il mondo in cui Francis e il giocatore si muoveranno. Un grandioso omaggio visivo all'estetica art rock alla Bowie che crea nel giocatore uno sguaiatissimo effetto nostalgia anche se, magari, quegli anni non li ha nemmeno vissuti. Francis affronta creature stilosissime e attraversa varchi temporali spaghettificanti alla ricerca della propria scintilla di musicista, di tutto ciò che potrebbe dargli la prova definitiva che non è suo zio Johnson e che non c'è niente di male. Tra interviste radiofoniche in diretta stellare su Hyperion e provini di talent scout giganti di Heliotromms, a Francis viene via via richiesto di riscrivere la propria storia. Sebbene nelle prime (mezze) ore del gioco si definisca flebilmente un artista folk, nelle fasi finali la sua auto-narrativa è completamente stravolta. Nel corso dei numerosi dialoghi a diagramma del gioco, ci verrà chiesto chi siamo, che imprese epiche abbiamo compiuto e da che mondo veniamo. E dal Francis della cittadina di Calypso sono diventato "L'evanescente Matvey Schmidt, solista della prima trasmissione intergalattica e proveniente da un lontano pianeta in cui viene istituita una nuova lingua ogni tre ore". La convinzione è tutto.



La fatica del glam


Non ci sono misteri nella fabula del gioco: che sia la storia di un cammino di autodefinizione lo si capisce praticamente da subito. Ma chiaro, nessun viaggio è uguale all'altro. Da The Last of Us a Spiritfahrer, tutti i single player che hanno il viaggio come argomento centrale ci mostrano un mondo da attraversare e in cui crescere. Un eroe alla fine del suo viaggio è diverso dalla sua condizione di partenza? Se il gioco è scritto bene, sì. È necessariamente un'altra persona? Assolutamente no. L'attraversamento di mondo, open o su binari che sia, non è sinonimo di costruzione di una nuova identità, e tutte le interazioni giocatore-NPC servono piuttosto ad approfondire un io scritto in partenza, volto ad approfondire una massa psicologica del tempo presente. Il glam è, per definizione, una maschera, la creazione di un altro Sé che possa staccarsi dai propri confini mondani, nel caso del rock, per fare buona musica leggera e creare una dimensione artistica propria.

Paesaggi meravigliosi in The Artful Escape
Paesaggi meravigliosi in The Artful Escape

Non a caso Francis incarna lo Starman perfetto, un personaggio alla ricerca della maschera che lo renderà libero dalle canzoni di pietre, di boschi e di lavori duri, gli elementi del folk della tradizione rurale che più terrena non si può. La costruzione di un personaggio, per un artista, può essere importante tanto quanto il suo prodotto artistico e la morale di The Artful Escape sembra sostanzialmente un grosso "non c'è niente di male se vuoi essere qualcos'altro". La composizione meticolosa della maschera di Francis si compie attraverso i dialoghi con i vari alieni che incontra che, non a caso, gli chiedono tutti chi sia, ossessivamente, quasi fossero d'accordo per vedere se il ragazzo cambierà versione, crescendo, ma anche allontanandosi da sé (o avvicinandosi a sé?).


Quali altri viaggi "trasformativi" vi vengono in mente?

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